L’acqua rappresenta un elemento di fondamentale importanza nella vita del bambino, fin dalle prime fasi dopo la nascita; infatti la sua presenza avvolgente fa riaffiorare nella mente del bebè il ricordo del liquido amniotico che, durante i nove mesi di gestazione, lo ha protetto.
Importanza del nuoto per il bambino
Considerato lo sport ideale per un corretto sviluppo sia fisico che psichico del piccolo, il nuoto può essere praticato fin dai primi mesi di vita, grazie ai numerosi benefici che è in grado di offrire.
Spingere un bambino ad avvicinarsi a questa attività fisica contribuisce in maniera evidente a potenziare le sue attitudini comportamentali, a rinforzare la struttura muscolare e scheletrica durante le importanti fasi di sviluppo corporeo ed a migliorare il coordinamento motorio.
Il nuoto coinvolge quasi tutti gli apparati dell’organismo: da quello muscolare e scheletrico implicati nel movimento degli arti, a quello cardio-circolatorio interessato dallo sforzo fisico, per finire con quello respiratorio coinvolto dall’ossigenazione dei tessuti.
Nuotando viene migliorato il controllo sulla frequenza respiratoria, potenziando la capacità polmonare, aumenta la coordinazione tra movimenti delle braccia e delle gambe e si regolarizza il ritmo del battito cardiaco.
Questo sport consente di bruciare molte calorie, contribuendo a mantenere il normopeso ed evitando di ingrassare; inoltre irrobustisce le ossa e facilita il mantenimento di una postura corretta, requisito importantissimo nelle fasi di accrescimento corporeo.
Anche a livello della sfera psico-emotiva il nuoto apporta numerosi benefici in quanto migliora i rapporti interpersonali, incentivando la socializzazione ed il rilassamento, abituando il bambino a rapportarsi con altre persone.
Secondo molti studi scientifici, praticare questo sport contribuisce ad aumentare l’autostima e la sicurezza in se stessi, spingendo il bambino a dire “io cresco“.
Qual é l’età giusta per incominciare a nuotare
Fino ai sei mesi di vita, il piccolo può incominciare a prendere confidenza con l’acqua che, inizialmente, deve assumere il ruolo di mezzo ludico collegato soltanto al divertimento.
In questa fase non si tratta di un vero e proprio sport, ma piuttosto di una serie di movimenti eseguiti in acqua.
I primi veri approcci con questa disciplina sportiva devono essere fatti intorno ai tre anni, quando il bambino è in grado di dire “io cresco” e quindi di partecipare a corsi in piscina, tenuti da personale qualificato.
A questa età è indispensabile che il piccolo si avvicini all’acqua senza alcuna paura, considerandola come un substrato naturale in cui muoversi.
In tale fase è necessario che l’istruttore si immerga insieme ai piccoli nuotatori e non rimanga a bordo vasca, proprio per rassicurarli ed infondere loro sicurezza e desiderio di imparare basandosi su esempi concreti e non soltanto teorici.
Soltanto dopo gli otto anni il nuoto può essere considerato dal punto di vista agonistico, con regole più precise e con orari maggiormente dilatati per eventuali allenamenti; il bambino è in grado di affermare “io cresco” e quindi esprimere la volontà di nuotare seriamente.
Un requisito fondamentale per i corsi di nuoto in piscina rimane comunque quello che il numero dei partecipanti non sia elevato poiché ogni bambino necessita di una particolare attenzione da parte dell’istruttore, sia per la sua incolumità fisica, sia per il coinvolgimento psicologico.
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Qual é il ruolo dei braccioli
Durante le prime fasi di contatto con l’acqua, il bambino ha bisogno di servirsi di appositi sistemi di galleggiamento che siano in grado di garantire la massima sicurezza; tali supporti devono comunque venire utilizzati sotto costante sorveglianza da parte di adulti.
Oltre al salvagente (a mutandina, cervicale oppure a ciambella), un dispositivo che trova largo impiego è quello dei braccioli, particolarmente usati dai primi mesi di vita.
In commercio ne esistono di due tipi: in schiuma ed a scompartimenti gonfiabili; nel primo caso si tratta di prodotti realizzati con materiale plastico rigido che hanno il vantaggio di non risentire degli sbalzi termici e di non andare incontro a rischi di foratura.
Il secondo tipo è solitamente costituito da almeno due camere d’aria gonfiabili dotati di valvole di sicurezza, con una doppia termosaldatura.
Sono quelli che trovano maggiore impiego, anche se richiedono una certa attenzione riguardo al fatto che possono sgonfiarsi e non assicurare la massima adesione alle braccia del bambino.
Nella scelta dei braccioli il principale fattore da valutare è quello del rapporto misura/peso, in quanto esiste una stretta correlazione tra la capacità di galleggiamento ed il valore ponderale del nuotatore.
Un altro requisito di primaria importanza è relativo alla qualità dei materiali che deve essere elevata per garantire la massima sicurezza d’impiego; presso la catena di store Primi Anni è disponibile una vasta gamma di prodotti di questo tipo, delle migliori marche.
Quando togliere i braccioli
I bambini di solito non vedono l’ora di sbarazzarsi dei braccioli che vengono considerati come un supporto “da piccoli” e quindi non sempre ben tollerati; non appena si convincono del concetto “io cresco“, desiderano eliminarli.
Le modalità con cui si decide di eliminare tali dispositivi devono essere graduali ed avvenire sotto la guida di una persona esperta.
Innanzitutto è necessario proporre al bambino tale operazione sotto forma di gioco, proponendogli una successione di tappe, senza avere fretta, ed enfatizzando il valore della gradualità.
Bisogna sempre cominciare togliendo soltanto uno dei due braccioli per consentire al bambino di abituarsi a nuotare autonomamente, almeno in parte. Dopo essersi reso conto che il galleggiamento è assicurato, il piccolo acquista maggiore fiducia ed è in grado di eliminare anche l’altro.
Dapprima è consigliabile affiancare il bambino durante il nuoto, rassicurandolo nei momenti di incertezza, infatti, anche se si fa forza del concetto “io cresco“, spesso non possiede ancora l’abilità necessaria.
In seguito, con la sempre maggiore autonomia acquisita, bisogna allontanarsi con fermezza, per assicurargli una maggiore libertà d’azione.
Soltanto quando si è certi che il galleggiamento è assicurato, è possibile lasciare il bambino da solo in acqua, continuando a seguirlo attentamente per essere pronti ad intervenire tempestivamente in caso di problemi.
La determinazione del bambino rimane la condizione indispensabile per affrontare tale percorso; infatti è assolutamente sconsigliabile forzare la situazione se non ci sono i presupposti necessari.
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